“…e voi come vivrete?”
Questo il titolo originale del film testamento di Miyazaki, giunto nelle nostre sale come “Il ragazzo e l’airone”, titolo che enfatizza l’aspetto favolistico a discapito dell’interrogativo aperto che il Maestro affida a chi verrà dopo, ai figli e ai nipoti a cui non potrà più raccontare le sue storie.
Ancora una volta un romanzo di formazione imperniato sulla solitudine di un adolescente che per crescere deve attraversare il lutto, conoscere l’ambiguità (Mahito, il suo nome significa “sincero”, ma la storia si innesca su una sua bugia volta a manipolare il padre) e sprofondare in una realtà parallela che permette di fare la spola tra sogno, fantasticheria e realtà condivisa… il viaggio continuo tra livelli di realtà a cui Miyazaki ci ha abituati nel corso della sua vita artistica.
Il film è anche una sorta di summa dei mitologhemi miyazakani: il trauma e l’esigenza di ricostruire senso e continuità tramite il viaggio iniziatico; l’animismo che fa della Natura un mondo magico, commovente, in cui compenetrarsi per scoprire i misteri dell’origine (la scena della contemplazione della vastità marina illuminata dalla luna come momento di epifania riprende come auto citazione una scena tratta da “Ponyo sulla scogliera”); il tema del doppio e dell’ambiguità delle figure di accompagnamento, gli esseri-guida del ragazzo viandante; il monito ambientalista e antimilitarista.
Con Mahito viaggiamo nell’Ade alla ricerca della madre morta (del suo doppio, la zia con cui vivere il conflitto), e incontriamo i non nati, poi la madre bambina e il progenitore demiurgo che pretende di mantenere in equilibrio armonico l’universo, per poi attraversare di nuovo la porta e scegliere l’imperfezione, la limitatezza e il “disequilibrio” continuamente rinnovato della vita.
Forse in questo film c’è troppo: autocitazioni, richiami alla Divina Commedia, a 2001 Odissea nello spazio , ad Alice nel paese delle meraviglie… a Ritorno al futuro!
Come se vi fosse fretta di dire tutto, disegnare tutto, comporre tutto perché non ci sarà più tempo.
Ma la Bellezza del film è tale che si perdona il troppo pieno e si resta grati per lo stupore dei sogni che il Maestro ci affida .
Miyazaki, giovane ottantatreenne, si interroga fino alla fine: come vivrete dopo di me? Che è anche: cosa sarà di me dopo?
Come sempre ci aiuta a restare curiosi e a inoltrarci nel fitto ignoto a occhi aperti.
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